Il Museo Comunale di S. Francesco a Montefalco conserva il ciclo di affreschi di Benozzo Gozzoli con le storie della vita di S. Francesco: un'opera significativa non solo per il suo indiscusso valore artistico ma anche perché è fondamentale per comprendere il riferimento iconografico del Sagrantino di Montefalco.
Il museo di S. Francesco rappresenta un'esperienza laboratorio per il sistema museale. Fra il 1983 e il 1990 è stato restaurato dalla Regione, procedendo per piccoli lotti successivi, e quindi riaperto, affidandone la gestione a 'Sistema Museo'. Si tratta di una cooperativa costituitasi nel 1990 con sede a Perugia, che presta la propria attività in diversi musei e circuiti, fornendo personale qualificato e organizzando una serie di attività per animare i musei.
A Montefalco viene assicurata la manutenzione delle opere e della sede e vengono organizzate mostre, concerti e altre attività culturali. L'attività didattica con la scuola è intensa. Il bookshop del museo è ricco di pubblicazioni. La popolazione residente, oltre che i turisti, ha ricevuto benefici dall'attività, in linea con lo spirito regionale che vuole restituire i beni culturali ai cittadini. E' questo un esempio di come il comune di Montefalco sia al passo con i tempi.
Abside centrale della ex chiesa di S. Francesco, oggi Museo civico di Montefalco
Benozzo Gozzoli, Storie della vita di san Francesco, santi e personaggi dell'Ordine francescano, affreschi, 1452.
Stato di conservazione e restauri.
Il ciclo di Benozzo ha dovuto affrontare una lunga e avventurosa vicenda di trascuratezze, incomprensioni, danneggiamenti, che hanno messo in serio pericolo la sopravvivenza di questo testo pittorico tra i più importanti della pittura italiana del primo Rinascimento.
Il terremoto del 1997 ha accentuato lo stato di dissesto della volta, causando il parziale distacco di un costolone, ma non ha danneggiato gli affreschi. In generale le parti originali del ciclo sono largamente conservate.
La committenza.
Committente dell'opera fu fra Jacopo da Montefalco, guardiano del convento di San Francesco, ricordato nell'iscrizione dedicatoria e ritratto nell'episodio della Benedizione del popolo di Montefalco. A chiamare per primo Benozzo nella città umbra fu tuttavia fra Antonio da Montefalco, del 'rivale' Ordine degli Osservanti. Antonio conobbe 1'artista quando questi era impegnato in qualità di aiuto del Beato Angelico nelle decorazioni in Vaticano. Apprezzatene le doti, se ne garantì la presenza a Montefalco nel 1450, incaricando l'artista della realizzazione di opere sia su tavola che ad affresco per la sua chiesa di San Fortunato. Questi lavori dovettero evidentemente incontrare il gusto di fra Jacopo, se due anni dopo Benozzo venne chiamato a lavorare per la chiesa conventuale di San Francesco. Benozzo passò senza scosse a lavorare da una chiesa all'altra. I risultati a cui il pittore giunse furono profondamente diversi, poiché diverso fu il messaggio che i due committenti gli suggerirono.
Le fonti.
Chiamato ad illustrare la vita di san Francesco, Benozzo utilizzò il grande modello giottesco, ma se ne discostò, perché, su probabile suggerimento dello stesso fra Jacopo, fece riferimento a due noti testi francescani: la Legenda Maior di Bonaventura da Bagnoregio, divenuta dal 1266 la biografia ufficiale del santo e la Leggenda dei Tre Compagni, che, facendo attenzione soprattutto alle vicende assisane di Francesco, costituì spesso un'importante fonte di ispirazione per la rappresentazione delle scene relative.
Il ciclo.
La vita del santo, dalla nascita alla morte, è illustrata in dodici scene disposte su tre registri. La narrazione procede, come un'ideale elevazione, dal basso verso l'alto e culmina nella volta con la gloria di San Francesco. Il motivo conduttore del ciclo è l'identificazione di Francesco come 'nuovo Cristo' (alter Christus), concetto centrale della spiritualità francescana. Il secondo registro riporta in un riquadro la scena di una cena, che ha come protagonisti S. Francesco e il Cavaliere di Celano, dal quale il santo era stato invitato. Sulla mensa sono rappresentate due bottiglie, una d'acqua e una di vino rosso e dal momento che frequenti sono i riferimenti agli avvenimenti contemporanei e a personaggi locali, come nella scena della Benedizione di Montefalco e del suo popolo, anche il particolare del vino rosso potrebbe essere interpretato come riferimento preciso alla produzione di Sagrantino di Montefalco, vino il cui nome deriva proprio dalla sua utilizzazione per l'impartizione dei sacramenti.
Lo stile.
Benozzo si trova per la prima volta a dirigere un cantiere pittorico dopo essere stato per molti anni alle dipendenze dell'Angelico a Firenze, Roma e Orvieto. La lezione del grande maestro è fondamentale per l'organizzazione del ciclo. Nell'adozione di particolari moduli compositivi, nella predilezione per certi tipi umani e nell'equilibrio del colore il ricordo degli anni in cui fu più vicino all'Angelico guida Benozzo in questa impresa. Tuttavia, come era avvenuto nelle sue prime opere montefalchesi in San Fortunato, l'appena trentenne Benozzo rivela nel ciclo francescano qualità assolutamente originali: un gusto più particolaristico del racconto, un uso del colore in funzione insieme espressiva e decorativa.
La critica.
L'attività umbra di Benozzo, del tutto dimenticata dal Vasari, venne particolarmente apprezzata nel corso dell'Ottocento, quando si tese a darne una lettura in chiave mistica. Le Storie francescane di Benozzo a Montefalco furono di rilevante importanza per la trasformazione in senso protorinascimentale della cultura figurativa in Umbria.